"Quod in iuventute non discitur in matura aetate
nescitur" (Varie, I.24)
I calabresi camminano. Vanno per il mondo in cerca di pane e di lavoro.
Questo lo sapete anche voi ragazzi. Ma forse voi non sapete che ci sono
stati e ci sono ancora dei calabresi, che hanno camminato e camminato
per istruirsi, per sapere di più, per diventare grandi nel campo del
sapere. Il primo dei calabresi, che se ne andò via, fu Cassiodoro.
Nacque a Squillace (Catanzaro) nel 490. Aveva tre anni quando con la
madre e il padre giunse a Ravenna, la città di Teodorico, re dei Goti.
Qui venne educato e divenne ben presto un uomo politico importante.
Il re Teodorico gli voleva molto bene, perché Cassiodoro scrisse due
libri in cui vantava lui e il suo popolo. S'intitolavano: Cronaca e
Historia gotica (Storia gotica). Questi due libri andarono perduti. Nel
553 i goti furono sconfitti da Giustiniano, imperatore d'Oriente.
Cassiodoro, ormai cinquantenne, lasciò Ravenna e fece ritorno al paese
nativo, a Squillace. Aveva cambiato vita. Si era fatto monaco. A
Squillace fondò due conventi: uno chiamato il Castelliense su un colle,
l'altro detto il Vivarium lungo il Pellena. In questi conventi i monaci
pregavano e lavoravano. Questa era la loro regola. Anche San Benedetto,
vissuto nella stessa età di Cassiodoro, impone ai monaci benedettini la
regola: prega e lavora. Cassiodoro fa qualcosa di più. Impone ai suoi
monaci di leggere, studiare e salvare i libri della civiltà occidentale.
Aprite tutti i libri che volete e in nessuno di questi libri troverete
scritto che il merito di questa novità spetta a Cassiodoro. I meriti dei
Calabresi sono difficilmente riconosciuti. Ieri e oggi. Cassiodoro morì
nel 575. Lasciò tante opere. L'opera più famosa di Cassiodoro è
intitolata Variae (Cose varie). Le Variae comprendono 12 libri e furono
pubblicati nel 535-538. Contengono 468 lettere, scritte per conto e in
nome del re Teodorico, il quale sapeva combattere, ma non sapeva
scrivere. In queste 486 lettere Cassiodoro tratta dei problemi dello
Stato. In una di queste lettere Cassiodoro parla della Calabria
cosentina, allora chiamata Brutium (Bruzio), e la descrive come una
terra, ricca di vini eccellenti, di formaggi delicati, di pecore dalle
cui poppe il latte sgorga quasi senza che il pastore le munga. Una
Calabria come il Paradiso terrestre. Ma non era affatto così. La
Calabria era aspra e selvaggia, i contadini e i pastori erano schiavi.
Cassiodoro, come era abitudine dei letterati del suo secolo, lavorava
d'immaginazione. In aggiunta ai dodici libri delle Variae, Cassiodoro,
pubblicò l'opera, intitolata De Anima (Intorno all'anima). Scrisse
inoltre l'opera Institutiones divinarum et saecularium lectionum
(Istituzioni delle lettere divine e umane). E una enciclopedia per i
giovani monaci. Cassiodoro vi raccolse parecchi testi biblici, diede
consigli su come leggere le opere dei Padri della Chiesa, esortò allo
studio delle arti liberali. E per arti liberali s'intendevano la
grammatica, la retorica, la dialettica, l'aritmetica, la musica, la
geometria e l'astronomia
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