Tra
i contemporanei di San Benedetto, il monaco più celebre, che dieci anni
dopo Montecassino fondò un monastero, fu Cassiodoro. Era stato un uomo
di Stato. Quando Teodorico tolse a Odoacre la corona e la vita,
Cassiodoro si ritirò nelle sue terre. Si è conservata una lettera di
Teodorico a Cassiodoro, che fa di quest'ultimo un elogio senza riserve:
«Sei degno che si venga in cerca di te con premura, dopo che hai
ottenuto al nostro regno una così alta reputazione e gli hai procurato
tanti elogi e gloria... Hai adornato la corte con l'integrità della tua
coscienza, hai procurato ai popoli una quiete profonda... Ti sei
acquistato nel mondo una stima tanto più alta quanto meno ti sei
venduto, quale che fosse il prezzo offerto».
Per tutto il tempo
della sua vita pubblica, aveva unito, a un perfetto disinteresse, una
grande austerità di costumi e una profonda pietà. Si dedicava con
particolare predilezione allo studio della Scrittura: era in questa
frequentazione assidua, come testimonia re Atalarico, che quest'uomo di
Stato attingeva la forza di restare fedele a tanta virtù: «Ecco
dove ha appreso a opporre il timore salutare del Signore ai moti della
natura umana; ecco dove s'è ricolmato di celeste sapienza, sempre
accompagnata dal gusto della verità; è attraverso questa scienza sacra e
questo santo studio che s'è radicato nell'umiltà cristiana». Redasse
un Trattato dell'anima, in cui si rivela buon discepolo di Sant'Agostino.
Gli mancava di abbandonare l'azione per la contemplazione. Alla massima,
ereditata da San Martino, che è «meglio servire il re dei cieli anziché
il più grande re della terra», aggiungeva quella secondo cui «è più
lodevole occuparsi della propria salvezza che non della sorte dello
Stato».
La caduta di
quelle istituzioni di cui era stato per più di cinquant'anni il saggio
operaio, costituiva per lui un avvertimento del cielo. Da lunghi anni si
considerava ormai un prigioniero della politica e supplicava Dio
di liberarlo da quelle catene... le basse rivalità dei clan e lo
scatenarsi di ambizioni irresponsabili gli mostrarono quanto la sua
devozione alla causa pubblica fosse diventata inutile.
Senza indugi,
volle essere monaco. Avrebbe potuto bussare alla porta di numerosi
monasteri: ma l'avrebbero accettato a quell'età avanzata? Non avrebbero
soprattutto avuto timore di avere in quell'alta personalità politica un
religioso ingombrante? La sola condotta da tenere era quella di fondare.
Cassiodoro fece
sistemare in terra calabra, sul fianco di una montagna che dominava il
mare, una proprietà che aveva nome Vivarium: le acque vive. Lì,
sorgenti chiare scaturivano dalla roccia, si diffondevano per gli orti
ridenti e facevano girare le ruote dei mulini; più in basso, il fiume
Pellene, brulicante di pesci, costeggiava il dominio prima di
gettarsi nel mare. Ritiro pieno di risorse nutritive e incantevole per
lo spettacolo della natura. Da quell'ingegnere che era, Cassiodoro vi
fece collocare orologi che controllavano gli orari canonici.
La proprietà era
vasta. Il fondatore voleva che essa rispondesse alla verità delle
vocazioni. In basso, c'era la casa dei cenobiti, che conservò il nome di
Vivarium: vi fu installata una grande biblioteca, ricca di libri
preziosi, e costruita una chiesa, che fu dedicata a San Gregorio
Taumaturgo. In alto, nel luogo che venne chiamato
Castellum,
furono sistemate le celle degli anacoreti. Questa duplice destinazione
precorreva l'ordine camaldolese, ma traeva forse il suo modello da
Lérins. I due monasteri sebbene facenti parte di uno stesso complesso,
furono giudicati tali da dover avere due superiori, quello dei cenobiti
fu Calcedonio, quello degli anacoreti Geronzio. Secondo la tradizione
egiziana, di cui Lèrins era ugualmente tributario, i cenobiti di
Vivarium
erano ammessi alla vita anacoretica (di Montecastello), dopo una
lunga esperienza di vita religiosa.
Tuttavia non è
come fondatore o legislatore che Cassiodoro è stato venerato,
bensì come storico, esegeta e pedagogo. Il Venerabile Beda ne fa un
dottore della Chiesa e dichiara che i suoi commenti ai salmi non
sono inferiori a quelli di San Giovanni Crisostomo e Sant'Agostino.
Paolo Diacono celebra «lo straordinario vigore del suo spirito».
Incmaro loda l'acutezza della sua intelligenza. Il cardinale Sirleto,
bibliotecario vaticano sotto Pio IV, lo considera l'uomo più dotto di
tutto il VI secolo.
Aggiungeremo che
Cassiodoro brillò per santità di vita non meno che per sapienza ed
erudizione. Alcuino lo colloca tra i beati e Bollandus gli dedica
una notizia negli Atti dei santi.
Tutti i suoi contemporanei hanno testimoniato la sua umiltà, la sua
carità, la perfetta castità, la costante unione con Dio. «Egli - dice
Giovanni Cocleo, teologo del Rinascimento tedesco - ha sempre difeso
la causa della Chiesa cattolica con indomita fedeltà e perseveranza».
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